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Cul­tura Sakalava (Le tradizioni di Nosy Be)

Des­ti­nazione Mada­gas­car, Africa

Non è pro­prio così. Il Mada­gas­car è in Africa solo ge­ografi­ca­mente.

In re­altà, chi lo conosce un po’ e chi ha stu­di­ato le orig­ini mor­fo­logiche di questa terra e della sua gente, sa che è ve­ra­mente un mondo a parte, non solo ge­o­logi­ca­mente.

 

Sarà perché la sua popo­lazione è avvenuta solo 2000 anni fa, ad opera di nav­i­ga­tori In­done­siani, sarà perché il sangue che scorre nelle vene di questa gente è misto fin dalle orig­ini, sarà perché qui si res­pira un’aria di­versa, ma per noi che at­ter­ri­amo qui come dei “marziani” tutto ap­pare fuori dal tempo, dalla re­altà, dalla sto­ria.

 

A noi pi­ace dire che questa terra è mag­ica e chi ri­torna in Italia, dopo es­sere stato qui, sa che questa af­fer­mazione è as­so­lu­ta­mente in­con­testa­bile.

 

Quindi, con umiltà e cu­riosità, las­ci­amoci an­dare ed im­medes­imi­amoci nelle cre­denze, nelle tradizioni, nella fan­ta­sia, nel sim­bolismo di questo “mondo” e sco­priremo un popolo vi­vacis­simo, or­goglioso, fan­ta­sioso e pieno di risorse ed in­ven­tiva. Tutto, però, sem­pre nel rispetto della calma as­so­luta.

 

In­nanz­i­tutto una pic­cola pre­cisazione. In Mada­gas­car es­istono 18 et­nie di­verse, dis­tribuite su tutto il ter­ri­to­rio e molto di­verse fra loro per carat­ter­is­tiche so­matiche, lin­gua, tradizioni e tenore di vita.

 

Non conos­ci­amo così bene tutto il resto del Mada­gas­car, quindi par­leremo dell’et­nia con cui con­vivi­amo e la­vo­riamo or­mai da di­versi anni: i sakalava. Ap­pun­tat­evi questo nome perché qui da noi, a Nosy Be, lo sen­tirete ab­bas­tanza spesso, così come ci sen­tirete par­lare di an­i­mismo e di fady.

 

An­cora più spesso, dalle lab­bra di prati­ca­mente tutti (noi wasà com­presi – un’al­tra parola da ri­cor­dare, che vuole dire bianco) us­cirà la frase mora mora (che vuole dire con calma). Ma cer­chi­amo di an­dare con un po’ di or­dine... dove­vamo par­lare di cul­tura. Ecco, non pen­sate che qui citer­emo grandi po­eti mal­gasci o opere conosciute in tutto il mondo.... La tradizione cul­tur­ale mal­gas­cia è quasi com­ple­ta­mente basata sulla ripe­tizione (e so­prat­tutto sulla vari­azione) orale. Un sacco di sto­rie e leggende, che non co­in­ci­dono mai fra loro, ma che dovreb­bero dare degli in­seg­na­menti. Per noi questi in­seg­na­menti restano ab­bas­tanza os­curi, ma pare che qui fun­zion­ino... più o meno...

 

Quello che fun­ziona a mer­av­iglia è in­vece l’au­torità degli an­te­nati ed ec­coci all’an­i­mismo: è la re­li­gione qui più dif­fusa e con­siste nella ven­er­azione degli an­te­nati che veg­liano su di noi e che, in cam­bio, pre­tendono rispetto, cura, dedi­zione e os­ser­vanza delle an­tiche re­gole.

 

I Sakalava sono così: un popolo im­preg­nato di ma­gia. Magici sono i sim­boli che si dipin­gono le donne sul volto (qui li chia­mano tat­u­aggi, ma sono fatti con una specie di gesso e si la­vano via), magici sono molti lu­oghi, al­beri, an­i­mali... ma an­che magici sono i col­ori: quelli dei tra­monti, quelli della natura, quelli delle sfu­ma­ture del mare come quelli dei vestiti tradizion­ali delle donne (i lam­baua) ; magici sono i suoni: il bat­tere rit­mico delle mani (il rombo), il suono della pi­og­gia sui tetti di rav­inal (palma in­trec­ciata), il tintinnare dei brac­ciali d’ar­gento (i vango vango), il ru­more delle onde del mare, a volte tran­quille, a volte im­petu­ose, il sof­fio della balena, che ti riem­pie l’an­ima.

Non sarà cul­tura come la in­ten­di­amo noi, non sarà alta let­ter­atura, ma tutto, in questa terra, è poe­sia.

 

An­i­mismo in Mada­gas­car

Gli An­te­nati

Il culto più sen­tito è quello verso gli an­te­nati, i quali veg­liano sull'os­ser­vanza degli usi e dei cos­tumi tradizion­ali ed è basato sulla cre­denza dei Mal­gasci in un'al­tra vita: morire sig­nifica ac­cedere ad un'al­tra forma di es­istenza, at­tra­verso i riti fu­ne­bri.

 

L'azione nec­es­saria perché il de­funto con­tinui la sua es­istenza come "An­te­nato" è la cel­e­brazione delle ce­r­i­monie fu­ne­bri da parte della famiglia di orig­ine e dei figli; al­tri­menti di­verrà un' "an­ima in pena", os­tile e ven­dica­tiva.

 

La morte ed i fu­ner­ali non met­tono in­fatti fine alla re­lazione tra vivi e i morti e presso tutte le tribù hanno lu­ogo riti di­versi, ma dallo stesso sig­ni­fi­cato, in­tesi ad en­trare in con­tatto con i de­funti per conoscerne le volontà e ad ono­rarli con l'of­ferta sac­ri­f­i­cale di an­i­mali.

 

Gen­eral­mente, a con­dizione che il rit­uale fu­ne­bre sia stato com­ple­tato, gli spir­iti dei de­funti restano tran­quilli nella loro dimora an­ces­trale, men­tre quelli di col­oro che non hanno po­tuto rag­giun­gere tale dimora (sia perché non hanno rice­vuto le ce­r­i­monie nec­es­sarie, sia perché sono stati troppo mal­vagi in vita) er­rano tra la natura.

 

Le di­more con­sacrate ai de­funti sono in genere i corsi d’ac­qua (sor­genti, cas­cate, laghi), ma gli spir­iti degli an­te­nati abi­tano tutti gli el­e­menti della natura e, sec­ondo le cre­denze lo­cali, uno spir­ito può tal­volta ripren­dere pos­sesso del corpo e ma­te­ri­al­iz­zarsi presso le tombe, presso la sua abitazione o sui lu­oghi da lui prefer­iti, vis­itare i par­enti nelle loro case, dis­tur­bare il sonno dei ri­vali con sogni biz­zarri, im­porre idee cu­riose e inat­tese, sug­gerire azioni, speg­nere le luci, ecc. Le con­dizioni nelle quali vivono sono quelle conosciute nella vita or­di­naria: hanno le stesse pre­oc­cu­pazioni, gli stessi am­ici e ne­mici, le stesse ric­chezze, gli stessi gusti.

 

Nella cos­mogo­nia mal­gas­cia tutti gli avven­i­menti della vita sono sot­tomessi in­oltre all'in­fluenza mis­te­riosa di forze oc­culte (spir­iti o sem­plici cor­renti magiche), benev­ole o mal­vage, ma­nipo­late da stre­goni e guar­i­tori. Il pan­theon mal­gas­cio è in­oltre com­ple­tato da fan­tasmi di stre­goni e da anime di an­i­mali sacri, in­gius­ta­mente uc­cisi, in par­ti­co­lare i ca­ma­le­onti (che si crede en­trino nei corpi di chi li calpesta).

 

I Fady

Un’al­tra forte com­po­nente della re­li­gione mal­gas­cia è la pre­senza, nella vita so­ciale e re­li­giosa, di rigide norme di os­ser­vanza e di evi­tazione, chia­mate fady. Questi in­di­cano il lim­ite fra il sacro e il pro­fano, des­ig­nando ciò che non può es­sere man­giato, detto, toc­cato, fatto, nella mag­gior parte delle at­tività umane. L'in­frazione del fady com­porta una crisi nell'or­dine so­ciale o nella vita in­di­vid­uale e la ne­ces­sità di con­seguenti pratiche rit­u­ali ri­para­trici.

 

Il Tromba

Il tromba è un fenom­eno di pos­ses­sione orig­i­nario del popolo sakalava, che si è in se­guito es­teso, in modo pi­ut­tosto omo­ge­neo, an­che sugli al­tip­i­ani e in tutto il Mada­gas­car.

 

Per poter in­ter­pretare in maniera adeguata il tromba è nec­es­sario in­quadrarlo stori­ca­mente; è in­fatti all'in­terno dei sis­temi monar­chici sakalava che ha avuto orig­ine il culto di pos­ses­sione, conosci­uto come tromba. Tale fenom­eno fu "is­ti­tuzion­al­iz­zato" per le­git­ti­mare e strut­turare il pro­prio potere nei con­fronti delle popo­lazioni au­toc­tone pre­senti nell'ovest dell'isola al mo­mento della con­quista sakalava.

 

Per sp­ie­gare i suc­cessi pas­sati e costru­ire un avvenire solido, il popolo sakalava fa en­trare i suoi sovrani nella sfera div­ina. È da questo mo­mento che in ogni famiglia il culto dei pro­pri an­te­nati passa in sec­ondo pi­ano rispetto all'in­vo­cazione col­let­tiva degli an­te­nati re­ali e che ogni rifer­i­mento alla monar­chia di­venta rifer­i­mento all'or­dine di­vino del cosmo».

 

La monar­chia e le rap­p­re­sen­tazioni del potere monar­chico cos­ti­tu­is­cono una parte im­por­tante della sim­bolo­gia del rito.

 

Il popolo sakalava cre­deva fer­ma­mente "al diritto di­vino dei re" ed at­tribuiva ai pro­pri sovrani una pro­tezione spe­ciale da parte della di­vinità; dis­obbe­dire loro di­veniva non solo un crim­ine, ma un sac­ri­le­gio. Sec­ondo i miti di fon­dazione sakalava la creazione del mondo è opera degli an­te­nati re­ali, con­siderati sia figli della stessa di­vinità che in­car­nazione degli dèi più an­tichi

 

Al giorno d’oggi il ter­mine tromba in­dica i posse­duti di pic­colo sta­tus, che agis­cono nel do­minio pri­vato, in op­po­sizione a quello di saha che des­igna i posse­duti le­git­timi all'epoca delle grandi monar­chie sakalava (XVII sec. - XIX sec.)

 

Gli Oggetti e l'Ab­biglia­mento Ce­r­i­mo­ni­ali

Sec­ondo la re­li­gione an­i­mista tutti gli el­e­menti della natura (la terra e l'ac­qua, i min­er­ali e i veg­e­tali, gli odori e i suoni) hanno, sec­ondo la cre­denza mal­gas­cia, oltre alle note pro­prietà fisiche o chimiche, al­tre carat­ter­is­tiche o "virtù" che riguardano la loro po­sizione, forma o col­ore. Tali virtù nascon­dono e allo stesso tempo con­den­sano la forza mag­ica della natura e rap­p­re­sen­tano una re­altà che va al di là della percezione im­me­di­ata. I medium, con l'aiuto degli spir­iti che li abi­tano, hanno una mag­giore ca­pacità di ma­nipo­lare e di pen­e­trare i sim­boli rac­chiusi negli oggetti o negli el­e­menti nat­u­rali che com­paiono an­che nelle ce­r­i­monie re­li­giose.

 

In­nanz­i­tutto è da sot­to­lin­eare l'im­por­tanza at­tribuita all'ac­qua nella so­cietà tradizionale mal­gas­cia. Sim­bolo di fe­con­dità e di purezza, l'ac­qua è uti­liz­zata nelle ce­r­i­monie re­li­giose per le pu­rifi­cazioni rit­u­ali e come rime­dio alle malat­tie e alla sterilità. Nelle se­dute del tromba è con­tenuta in un pi­atto posto sull'altare e, ar­ric­chita dal potere dell'ar­gento e delle perle che vi ven­gono im­merse, è be­vuta dalle donne venute a con­sultare lo spir­ito per do­man­dare fe­con­dità e salute.

 

Lo spir­ito reale è poi messo in re­lazione con la purezza e la pulizia, in­fatti è ritenuto "puro e pulito" ed è par­ti­co­lar­mente at­tento a con­ser­vare la purezza dell'ac­qua che dovrà es­sere uti­liz­zata nelle ce­r­i­monie, dopo es­sere stata rac­colta dal fi­ume all'alba, prima di es­sere toc­cata dagli uc­celli.

 

In rap­porto con l'ac­qua, a cui è as­sim­i­lato per il suo bian­core, an­che l'ar­gento è con­sid­er­ato sim­bolo di purezza; lo si ritrova nella festa del tromba sotto forma di una mon­eta reale (la pi­as­tra) o di gioielli; gli adepti ne as­sim­i­lano tutte le virtù bevendo l'ac­qua in cui sono im­mersi tali oggetti. In op­po­sizione all'oro, prin­ci­pio at­tivo, mas­chio, so­lare e ce­leste, l'ar­gento è con­sid­er­ato un prin­ci­pio pas­sivo, fem­minile, lunare ed ac­quatico; tut­tavia la sua bril­lantezza ed il suo val­ore lo as­sim­i­lano pro­prio all'oro e gli con­feriscono dig­nità reale e le sue doti “pro­tet­tive” sono tenute in gran conto. Gli ar­ti­giani sakalava crea­vano bel­lis­simi brac­ciali dec­o­rati e lunghissime catene che veni­vano uti­liz­zati per pro­teggere i dig­ni­tari: i brac­ciali da­vano pro­tezione du­rante la loro vita, le catene dopo la morte: us­anza sakalava in­fatti era quella di chi­ud­ere le bare dei prin­cipi con spesse catene d’ar­gento.

 

All'ar­gento o all'ac­qua è as­so­ci­ata la "terra bianca", nome con cui viene in­di­cato cioè il caolino o il gesso, il cui uso è molto dif­fuso a Mada­gas­car sotto forma di maschera o più spesso di segni sul corpo. Nel tromba oltre a con­sacrare i fedeli e gli oggetti us­ati du­rante la ce­r­i­mo­nia, come gli stru­menti mu­si­cali e le bot­tiglie con­te­nenti le be­vande tradizion­ali, il gesso serve an­che a pu­rifi­care e a riscat­tarsi dalla colpa per avere vi­o­lato un fady (di­vi­eti rit­u­ali).

 

Il caolino è uti­liz­zato an­che per seg­nare in modo quasi per­ma­nente le per­sone e gli agenti del culto pre­senti nei vil­laggi sacri dei ma­habo e dei doany, ma di gran lunga più ril­e­vanti sono i segni fatti con questa terra sul corpo del posse­duto che, a sec­onda delle forme che pos­sono as­sumere (se­rie di punti, tri­an­goli, lune, stelle) e della parte del corpo in­ter­es­sata (gli oc­chi, la fronte o la pan­cia) riv­e­lano ai fedeli l'iden­tità del tromba che si è man­i­fes­tato.

 

Questa terra ha in­oltre virtù ter­apeu­tiche e ne ven­gono in­fatti sem­pre pre­scritte dal saha delle ap­pli­cazioni per qual­si­asi malat­tia o ferita e in­fine, l'espres­sione tany-ravo (lett. terra gioiosa) con cui essa è spesso des­ig­nata evoca l'idea di portafor­tuna.

 

An­che Lo spec­chio è uti­liz­zato dal medium per captare ed al­lon­tanare dal malato, at­tra­verso il ri­f­lesso, geni mal­efici ed atti di stre­gone­ria ed è imp­ie­gato an­che come stru­mento di div­inazione per in­di­vid­uare la causa delle malat­tie, in sos­ti­tuzione dell'ac­qua in cui gli in­dovini una volta leggevano l'avvenire. Du­rante i fu­ner­ali re­ali, in­vece, il corpo del re dopo es­sere stato pri­vato della carne viene av­volto in un lenzuolo su cui sono stati cuciti una miri­ade di pic­coli spec­chi.

 

Un al­tro rime­dio sim­bol­ico-magico è quello di far fu­mare dell'in­censo vi­cino al malato. È a questo scopo che, all'in­izio della ce­r­i­mo­nia del rombo tromba, ogni posse­duto de­posita un seme di in­censo nella coppa posta sulle braci. Come resina in­cor­rut­tibile l'in­censo è in­fatti in­di­cato in un rito che cel­e­bra una so­prav­vivenza di un re de­funto e vuole ren­dere la salute e la vita ai suoi adepti.

 

Il fumo viene col­le­gato alla pre­senza spir­i­tuale dei tromba che ven­gono at­ti­rati pro­prio dal pro­fumo dell'in­censo che bru­cia. In­fatti, sec­ondo una cre­denza mal­gas­cia, gli spir­iti benevoli ven­gono evo­cati con buoni odori e con suoni dolci e ar­mo­niosi, men­tre i suoni dis­cor­danti e gli odori acri e nau­se­abondi scac­ciano i geni mal­vagi; è per questo che per at­ti­rare i tromba i fedeli si im­peg­nano nei canti fa­voriti dagli spir­iti, man mano che la resina bru­cia.

 

Nella scelta degli abiti rit­u­ali è data grande im­por­tanza al col­ore rosso perché sim­bolo del potere e della re­galità; il rosso è in­fatti il col­ore dello sten­dardo e dello stemma reale sakalava Il rosso è poi legato al prin­ci­pio della vita ed evoca perciò la bellezza, la ric­chezza, la forza, l'azione e l'im­mor­talità; è an­che del fuoco e del sangue, è pro­prio sotto forma del sangue che il rosso gioca an­cora un ruolo prin­ci­pale nel tromba.

 

Bisogna an­cora in­sis­tere sul col­ore rosso del rhum, be­vanda preferita dai re sakalava e sem­pre pre­sente in ab­bon­danza sull'altare. Per es­sere gra­dito agli spir­iti re­ali an­che il miele, nu­tri­mento di­vino, deve ac­quisire un bel col­ore rosso e nella ce­r­i­mo­nia del Barisa viene quindi caramel­lato prima di es­sere de­posto sull'altare.

 

Il ROSSO del sangue vi­tale e il BIANCO della purezza e della beat­i­tu­dine, il cui sim­bolismo richiama all'ac­qua e all'ar­gento, sono i col­ori prediletti dei tromba e sim­bolo della stirpe Sakalava.

 



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